Il carnevale nell'arte

Anche quest’anno Magna Grecia si è voluta mettere in maschera per celebrare degnamente il Carnevale. Per raggiungere lo scopo Carla ha individuato una nuova location, il Ristorante Miravalle di Montegrotto, ed un validissimo complesso pop, il duo Giian & Pistorjus che ha fatto da sottofondo musicale a tutta la serata.

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Ovviamente, parlando di Magna Grecia, non si possono dimenticare i due aspetti portanti dei suoi incontri, e cioè l’aspetto gastronomico e quello culturale. Il punto edonistico della serata è stato ottimamente approfondito dalla cucina del Ristorante Miravalle, che è riuscita a soddisfare anche le istanze più sofisticate dei 114 viveur presenti. In merito ai PRESENTI è un vero piacere sottolineare la partecipazione di numerosi ospiti appartenenti a due prestigiosi Istituzioni patavine, lo Osservatorio della Città di Padova e l’Ordine dei Padovani Eccellenti. Indubbiamente il contatto con Gruppi di tale livello non può che creare proficue, stimolanti ed interessanti sinergie. In quest’ottica Magna Grecia auspica che questo primo incontro si ripeta in futuro sino a trasformarsi in un rapporto di collaborazione stabile e consolidato. Sperando che questo auspicio si realizzi, limitiamoci, per il momento, a rivolgere il più sentito “Benvenuto” ad ogni singolo appartenente all’Osservatorio e ad ogni Padovano Eccellente.

Il secondo tema, relativo all’evoluzione degli aspetti culturali e del conseguente cambiamento nella percezione del carnevale nel tempo, non può sicuramente essere trattato in questa sede e, per un suo giusto approfondimento, richiederebbe un qualcosa di molto simile ad una tesi di laurea. Pertanto, mentre per il Carnevale 2022 era stato approfondito il tema della sua storia, dalla comparsa delle prime manifestazioni carnevalesche ad oggi, per il 2023 cercheremo di vedere come questo periodo di ricorrente follia sia stato recepito e rappresentato, nei secoli, da alcuni pittori veramente famosi. La scelta di Carla è caduta su 5 artisti che hanno avuto visioni spesso antitetiche, espresse con rappresentazioni che non risentivano solo delle evoluzioni subite dall’arte pittorica ma che esprimevano lo stato d’animo dell’autore di fronte all’evento.


Iniziamo con Pieter Bruegel il Vecchio che nel 1559 dipinse la “Lotta tra Carnevale e Quaresima”, un olio su tavola straordinario che racconta lo scontro simbolico tra gli ultimi fuochi del Carnevale e l’inizio della Quaresima. La metà di sinistra del dipinto festeggia il baccanale al suo termine, mentre l’altra metà è già nella dimensione della penitenza. Un'opera mirabile per forza evocativa e capacità di raccontare un tema caro alla storia dell'arte, cioè il dissidio presente nell'animo umano, tangibile in ciò che rappresenta il soggetto del dipinto: finita la festa e il sovvertimento dell'ordine sociale, ecco la mestizia della realtà prendere il sopravvento. È già tempo di tornare alla normalità, alle ansie e alle lotte quotidiane per la sopravvivenza, Se in senso religioso vuol dire prepararsi alla Pasqua, alla Resurrezione, in senso pratico assume un significato molto meno glorioso che rimanda ad una vita fatta di sofferenza e povertà. La stessa rappresentazione dei due personaggi assume una valenza simbolica. La dimensione carnascialesca è rappresentata da un uomo grasso a cavallo di un barile, circondato da succulente pietanze, che usa come lancia uno spiedo con polli infilzati, mentre la Quaresima è simbolicamente rappresentata da una donna smunta e pallida, che combatte con una pala su cui sono appese due misere aringhe. Anche gli aiutanti addetti ai carri dei due combattenti rispecchiano la dimensione del carnevale e della quaresima. Il primo è spinto da due uomini in maschera, mentre la seconda da un frate e una monaca.


Picasso: nel 1901 dipinge l’“Arlecchino pensoso”, un olio su tela che precede di due anni il cosi detto “periodo blu” dell’artista ma che alcuni critici considerano come il primo dipinto di quel periodo. In effetti la composizione è dominata dal blu che troviamo nel costume della maschera (e nello sfondo, che nel fotogramma utilizzato si è trasformato in verde), il cui sguardo, perso nel vuoto, sembra rendere evidente un senso di solitudine e noia che indubbiamente esprime lo stato d’animo di Picasso, sempre solidale con gli emarginati, i diseredati. Personaggio controverso, inquieto e tormentato, ma allo stesso tempo carico di un carisma talmente forte che attraeva a sé tutti coloro che lo incontravano, Picasso ha fatto epoca per il suo caratteraccio di origini andaluse e per uno sguardo fisso, reso corrucciato da tutta l’arretratezza della cultura portata dalla controriforma cattolica spagnola. Il cosiddetto “Periodo Blu” fu una parte della sua vita, dal 1901 al 1904, in cui Picasso associò a quel colore un sentimento di sofferenza, di tristezza, di rassegnazione. Il pittore si trova in quel periodo a Parigi e rivolge la sua attenzione artistica verso i poveri, gli emarginati, i mendicati. Li ritrae preferibilmente a figura intera, in posizione isolata e con aria quasi assente. Ne risultano così immagini cariche di tristezza, accentuata dai toni freddi dei blu e dei grigi utilizzati. E’ in questo periodo Blu che Picasso incontra e dipinge alcuni personaggi del circo e alcune maschere della tradizione. Nell’ Arlecchino pensoso Picasso va oltre la maschera in sé e rende evidente tutta la tristezza esistenziale che pervade l’uomo che la indossa.


Renoir: Dedica al Carnevale un’opera (olio su tela) che è stata inserita nell’elenco delle mille opere più belle del mondo, Il Pierrot bianco, che dovrebbe essere il ritratto del figlio Jean ed è una tela che, forse, potremmo definire “anomala” per un pittore impressionista come Renoir, che la dipinse nel 1901/1902 (la datazione è incerta) un periodo in cui il pittore per alcuni anni si allontanò dalla corrente impressionista, per avvicinarsi ad un classicismo puro e severo. Dal punto di vista iconografico, ciò che subito salta all’occhio è la grandezza spropositata del costume indossato da Jean Renoir, formato da un camicione bianco molto ampio, con due grandi bottoni bianchi che lo chiudono sul davanti, dei pantaloni bianchi, anch’essi molto larghi e un paio di scarpe, bianche anch’esse. In testa, il berretto a cono sembra, invece, essere della misura giusta per la piccola testa del figlio, mentre non lo è la gorgiera, insolitamente rossa, che porta al collo. Nel complesso, il solo particolare che ci riporta all’impressionismo è, forse, lo sfondo, dipinto con pennellate veloci, di colore cangiante che si coniugano con la serenità espressa dal soggetto rappresentato, trasmettendo un senso di pace interiore.


Mirò: con Mirò entriamo in una visione completamente diversa. Il Carnevale di Arlecchino è un quadro dipinto con tecnica a olio su tela, realizzato nel biennio 1924-1925, dopo la adesione del pittore al Surrealismo. Al centro della tela, una figura fantastica indossa una maschera colorata per metà di rosso e per metà di blu. Il dipinto è animato da molte figure ibride festanti metà umane e metà animali. Alcuni oggetti sono antropomorfizzati, cioè possiedono parti anatomiche umane come la scala accennata sulla sinistra con un occhio e orecchie. Quest’opera, in sintesi, rappresenta una visione di Joan Mirò: si riconoscono elementi reali come il gatto, il tavolo e la scala, che si uniscono a elementi simbolici, frutto di visioni, come il triangolo nero che emerge dalla finestra per simboleggiare la Tour Eiffel, omaggio alla città in cui risiedeva, o il cerchio verde trafitto da una freccia che ricorda un mappamondo. Tutti gli oggetti sono fluttuanti per sottolineare il loro status di fantasia, di inconscio. La scala a pioli, sempre presente nelle opere di Mirò, indica la fuga dal mondo e rappresenta un passaggio dalla realtà alla fantasia. La figura centrale con la maschera bicolore e la tunica decorata con forme a rombo si riferisce alla maschera di Arlecchino della commedia dell’arte italiana. Il famoso personaggio dello spettacolo cerca senza successo l’amore e spesso gli artisti lo dipinsero identificandosi con le sue sfortune. Inoltre l’Arlecchino dipinto da Mirò presenta un foro nel ventre. Questo particolare allude forse alla sua condizione economica del momento. L’artista infatti era talmente povero da non poter neppure offrire una cena ad un amico. Il buco nello stomaco di Arlecchino ricorderebbe quindi la sensazione di fame provata da Mirò. Il tono della scena però sembra felice. Le forme animate ballano e si divertono al ritmo della musica che sembra diffondersi nel loro spazio fantastico. Le figure sono allegre e non esprimono sofferenza o depressione.


Chagall: nel 1963, alla giovane età di 76 anni, Mark Chagall diede il suo contributo al tema in oggetto con “Il carnevale notturno” in cui sono presenti atmosfere oniriche e scenari fiabeschi, realizzati dall’artista surrealista con la straordinaria forza del colore, con voli acrobatici tra sogno e realtà. La figura del violinista, che ricorre spesso nelle sue opere, è un eroe lirico legato alla sua infanzia: si ispira, infatti, a uno zio di nome Nuche che suonava il violino durante le feste familiari e che per Chagall diventa simbolo del mondo artistico. Il quadro ci presenta una scena di circensi che cantano, suonano, fanno acrobazie sullo sfondo di un cielo notturno in cui si intravvede un paese appena illuminato da una falce di luna. Il paese sembra una apparizione onirica, un lontano ricordo della terra natale. Il suonatore di violino pizzica le corde con le mani, il suonatore di clarinetto si prende una pausa, mentre un bambino si affaccia dall’ombra. Un pagliaccio fa il trapezista, dietro si profila, appena accennata, una madre con un bambino Nella metà sinistra del quadro l’immagine di una seducente forma femminile richiama l’idea della coppia chiusa dentro un’aura rosso brillante. L’acceso cromatismo dei verdi, rossi e gialli, le maschere bianche dei volti spiccano contro un fondale tenebroso in cui tutto dorme e tace, per cui i circensi recitano solo per se stessi, senza pubblico, all’aperto. Questo quadro per l’intensità dei richiami ai valori musicali e all’arte circense, è una variazione sul tema dell’arte, sulla sua capacità di ricostruire il passato, di richiamare i ricordi, le emozioni, il lontano. La tensione fra il buio e i colori sembra risolversi a favore del cromatismo, una fiducia nella possibilità dell’arte di ravvivare i colori della memoria. Chagall mette “punti di luce” affidati al colore, illuminando i gesti di questo circo notturno fra cui le mani vivide del violinista, i colori degli abiti dei clown, la maschera del gallo, la mandorla ovale dei due amanti, richiamando gli elementi base della sua poetica: il fare, il gesto, la tensione sentimentale, quasi mistica. Questa fiducia potrebbe sembrare mal riposta nell’età del disincanto, né Chagall nasconde il dolore o il buio, anche se tale operazione si basa unicamente sulle danze di artisti-acrobati in bilico e in difficile equilibrio sulle loro altalene sospese sopra le tenebre.

Ma abbandoniamo la pittura per passare ad un altro aspetto artistico strettamente legato al Carnevale, quello delle maschere indossate dai partecipanti, quest’anno particolarmente numerose e originali, tanto che non sono state stilate classifiche per premiare le più belle ed è stato ritenuto più opportuno distribuire a tutte un ricordo di una serata veramente gradevole, trascorsa senza pensare ai problemi quotidiani

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e che si è conclusa con un’altra piacevolissima sorpresa: la notissima cantante Ester Giarretta era presente ed ha voluto regalare a tutti alcuni brani del Suo vastissimo repertorio operettistico. Non si può non auspicare che la Sua presenza diventi una costante che permetta a tutti di assaporare arie indimenticabili eseguite con la “classe” che contraddistingue i Cantanti di classe.

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Un’ultima notazione: mentre la sala si stava svuotando, Carla ha ricordato a tutti che nel periodo dal 15 al 20 maggio organizzerà la visita alla mostra di Palazzo Roverella (RO) “Renoir – L’alba di un nuovo classicismo”.

Approfittando del citato parziale svuotamento, il complesso Giian & Pistorjus si è scatenato con quella serie di brani che suona abitualmente nelle più note discoteche del padovano, suscitando lo stesso, abituale entusiasmo.

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Roberto Giacalone

Autore dell'articolo.